sabato 28 novembre 2015

RAIMONDO LULLO: IL NATALE DI GESU' a cura di Luigi Dal Lago / recensione di Gianfranco Ravasi


Raimondo Lullo, NATALE DI GESÙ, a cura di Luigi Dal Lago, Ed. Messaggero, Padova, € 7,00

Composto nel 1311 durante il suo ultimo soggiorno parigino, questo opuscolo “Il Natale di Gesù” è un’opera della vecchiaia di Lullo, frutto della sua meditazione sul mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio. L’andamento dell’opera richiama lo stile di una sacra rappresentazione, in cui l’umanità di Gesù è al centro dell’adorazione e della lode, della tenerezza e della devozione, impersonate da sei personaggi femminili. Nella visione di Lullo, questo è un punto in comune anche con gli islamici, che riconoscono Gesù come profeta e onorano Maria come sua madre purissima. Ma, accanto all’immagine del presepio, si spalanca improvvisa la scena del Paradiso, da cui discendono dodici dignità o virtù divine che spiegano la profondità del mistero da adorare: è Dio che si fa uomo per un atto di infinito amore. Il lamento finale di Lullo è un richiamo anche al lettore di oggi, sommerso dal frastuono del mondo, per riscoprire il vero senso del Natale


Altichierio da Zevio - Natività (part.)
Oratorio di S. Giorgio - Basilica di S. Antonio - Padova

Recensione di Gianfranco Ravasi

L'umanità di Gesù è al centro dell'adorazione e della lode, della tenerezza e della devozione: questo è un punto in comune anche con gli islamici, che riconoscono Gesù come profeta e onorano Maria come sua madre purissima
Ero da poco prefetto dell'Ambrosiana quando, più di 15 anni fa, mi telefonò Umberto Eco: mi chiedeva di preparargli una lista dei codici, presenti in biblioteca, contenenti i testi di Raimondo Lullo. Credevo di cavarmela con una breve ricerca e, invece, con sorpresa scoprii che la lista di quei manoscritti s'allungava a dismisura. Ebbi la consapevolezza dell'importanza di questo autore, di cui avevo una conoscenza piuttosto vaga, soprattutto quando approdò in biblioteca uno dei maggiori esperti lulliani, un professore spagnolo, che s'insediò da noi quasi un mese per approntare un elenco ben più rigoroso e sistematico del mio. D'altronde Ramón Llull, catalano di Palma di Maiorca, aveva lasciato dietro di sé un piccolo mare testuale fatto di 290 titoli di opere composte in latino, in arabo, nella lingua d'oc, oltre che in catalano.

L’AUTORE - Sì, perché questo sorprendente antesignano del dialogo interreligioso e interculturale soprattutto col mondo musulmano, vissuto nel Duecento, dopo un'esperienza di cortigiano presso Giacomo I di Aragona e dopo un matrimonio con due figli (e qualche amante), nel 1263 aveva imboccato una svolta radicale, in seguito a un'esperienza mistica, variamente descritta. Si trasformerà, da allora in un irrequieto viandante dalla Spagna a Parigi, da Roma all'Africa, da Genova (dove incontrò Marco Polo in carcere) ad altri porti mediterranei, sempre col desiderio di conoscere, di dialogare, di testimoniare la sua fede, al punto tale da autodefinirsi in modo emblematico procurator infidelium.
Aveva imparato così bene l'arabo da uno schiavo musulmano (col quale ebbe, però, una drammatica lite che sarebbe quasi materia di un romanzo) da poter parlare e scrivere correttamente in quella lingua. Non contento del suo impegno personale, fondò nel 1276 a Maiorca un collegio di francescani da istruire per essere inviati nei paesi islamici e progettò anche una sorta di "Erasmus" ante litteram comprendente scambi di studenti tra le università europee e quelle musulmane arabe e mongole.
Una delle sue biografie più recenti, quella del francese Hugues Didier, s'intitola appunto Un pont sur la Méditerranée (Desclée 2001): egli, infatti, voleva «significare con parole arabe le verità della fede cristiana», nella ferma convinzione che l'islam fosse più vicino al cristianesimo dell'ebraismo che negava il valore profetico di Gesù e la santa maternità di Maria. E a proposito della particolare devozione dei musulmani alla madre di Gesù (anche se con le ben note e radicali differenze cristologiche), è da segnalare la versione italiana ora proposta di un curioso opuscolo lulliano riguardante proprio la nascita di Cristo (Il Natale di Gesù, a cura di Luigi Dal Lago, Edizioni Messaggero Padova, euro 7,00).
Come si dice nell'explicit dell'opera, essa «fu concepita nella notte di Natale, scritta e terminata a Parigi nel mese di gennaio dell'anno 1310». Siamo, quindi, nella vecchiaia di Raimondo: egli, infatti, non smentirà la sua vita enigmatica e piena di colpi di scena anche nella morte, perché o fu lapidato a Bugia in Algeria, oppure, secondo un'altra versione, morì durante il viaggio di rientro a Maiorca attorno al 1315/16. Il libretto natalizio è, comunque, un esempio illuminante della creatività sfrenata di questo personaggio atipico anche a livello teologico, che ascese alla gloria degli altari beatificato da Pio IX.

LA TRAMA - Si tratta, infatti, di una sorta di sacra rappresentazione in cinque atti, aperta da sei figure femminili che incarnano le virtù necessarie per accostarsi al presepio ove il bambino Gesù è senza venerazione e amore.
Se avanziamo con queste guide, siamo però bloccati sulla soglia da due sentinelle, Giustizia e Misericordia, che verificano l'autenticità delle nostre disposizioni interiori.
Una volta ammessi davanti al divino Bambino, ecco altre dodici donne che - sulla scia della Cabala ebraica (le sefirôt) - rappresentano le emanazioni della perfetta essenza di Dio. Sono loro a introdurci nel mistero dell'Incarnazione che intreccia in sé la Trinità e la realtà divina (donde il numero 12 che, al di là del classico simbolismo biblico, è il 3 trinitario moltiplicato col 4 dei punti cardinali cosmici). Nell'ultimo atto ecco entrare in scena lo stesso Raimondo, amareggiato per l'indifferenza umana di fronte a così grande mistero. Saranno quelle dodici donne a confortarlo e a invitarlo a non demordere dalla sua testimonianza missionaria.
È così che il Libro del Natale del Bambinello Cristo Gesù - come titola il manoscritto latino dedicato a Filippo IV il Bello - quello del celebre "schiaffo di Anagni" a Bonifacio VIII, immortalato da Dante - finisce con questa appassionata perorazione: «Ricordiamo e amiamo Gesù Nazareno e la Vergine Maria, madre di lui. Attendiamo e desideriamo la risurrezione della carne e la grande e sempiterna glorificazione nei cieli davanti a Dio».
La presente edizione, senza grandi pretese, di questo opuscolo lulliano potrebbe perciò essere l'occasione non solo per una strenna natalizia originale ma anche per conoscere un personaggio che, pur con molte contraddizioni, costituisce un modello di dialogo tra le culture, soprattutto con quell'islam che ha creato uno strano spaesamento nella nostra cristianità europea.

da: Gianfranco Ravasi, Avvenire, 20 dicembre 2006