mercoledì 2 agosto 2017

PER CONOSCERE CEFERINO GIMENEZ MALLA detto "El Pelé" PRIMO BEATO ZINGARO GITANO, TERZIARIO FRANCESCANO, MARTIRE DELLA GUERRA CIVILE DI SPAGNA


2 agosto
Beato
CEFERINO GIMENEZ MALLA

El Pelé

martire
zingaro gitano
francescano secolare



Benavent de Sangría, Spagna, 26 agosto 1861 - Barbastro, Spagna, 2 agosto 1936








Santo Patrono dei Roma e Sinti


Zefferino Giménez Malla (1861-1936), detto El Pelé, nato da famiglia gitana cattolica, visse da nomade per quarant'anni, poi si fermò a Barbastro (Spagna). Si sposò, ma non ebbe figli. Benché analfabeta, insegnò ai ragazzi gitani e non gitani i primi elementi del cristianesimo, servendosi soprattutto della Bibbia, e li educò alla preghiera quotidiana.
Metteva pace tra i Kalòs (nomadi spagnoli) e risolveva le loro questioni con gli altri. Nel suo lavoro di commerciante di animali si comportò onestamente. Nel 1926 diventò Terziario Francescano. Apparteneva alla "Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli". Nel 1931 cominciò a frequentare l'Adorazione Notturna.
Durante la persecuzione religiosa, difese un prete che veniva portato in carcere. Venne arrestato anche lui e poi ucciso a Barbastro insieme a tanti sacerdoti, frati e laici. Morì, gridando: "Viva Cristo re" e tenendo in mano la corona del rosario. Il suo corpo fu gettato nella fossa comune e non più ritrovato. Nel 1997 Giovanni Paolo II lo proclamò Beato.

Ceferino (Zefirino) Gimenez Malla detto «El Pelè», membro del popolo gitano, fin dalla sua nascita è bollato come uno zingaro, quindi un escluso della società. Nasce in Spagna nel 1861, forse a Benavent de Sangria, probabilmente il 26 agosto 1861.
Il caratteristico nomadismo del suo popolo gli impedisce di frequentare regolarmente le scuole, lasciandolo quasi analfabeta. è di famiglia povera, che diventa ancor più povera quando il padre se ne va con un’altra donna. Girando di villaggio in villaggio conosce la precarietà tipica della vita di coloro che vivono nell’emarginazione. Fin da piccolo impara a fare il panieraio, a intrecciare cioè cesti e canestri, che poi vende nei villaggi. A 18 anni si sposa con il rito gitano con Teresa Jimenéz, un matrimonio che durerà più di quarant’anni. Purtroppo la loro unione non sarà coronata da figli, adotteranno quindi “Pepita” (Giuseppina) una nipotina di Teresa. Ceferino è il primo zingaro a essere elevato alla gloria degli altari.
Quando lo fucilano il 9 agosto del 1936, insieme a Florentino Asensio Barroso vescovo di Barbastro e ad altri prigionieri, l’ultimo suo grido è «Viva Cristo Re!» mentre in mano tiene alta come una bandiera la sua corona del rosario. Il giorno dopo alcuni zingari sono obbligati a scavare una fossa comune per tutti i fucilati e a buttare calce viva sui loro corpi per evitare il riconoscimento e cancellare la memoria.

Don Mario Bandera
Missioni Consolata


Martirologio Romano:  Nello stesso luogo (Barbastro in Spagna), beato Zefirino Giménez Malla, martire, che, di origine zingara, si adoperò per promuovere la pace e la concordia tra il suo popolo e i vicini, finché fu arrestato in quella stessa persecuzione mentre difendeva un sacerdote trascinato per le vie dai miliziani. Rinchiuso in carcere e condotto infine al cimitero, fu fucilato con la corona del Rosario tra le mani, ponendo così fine al suo pellegrinaggio terreno.



«il Beato Ceferino Giménez Malla seppe seminare concordia e solidarietà fra i suoi, mediando anche nei conflitti che a volte nascono fra «payos» e zingari, dimostrando che la carità di Cristo non conosce limiti di razza e di cultura.».                 
S.Giovanni Paolo II
Molti anni dopo il martirio di Ceferino, quando era papa Giovanni Paolo II, una ragazza zingara di un campo nomadi della Lombardia gli scriveva: "Come saprai, il mio popolo non ha un santo zingaro a cui rivolgere le preghiere. Ti chiedo allora di santificare il Pelé il più presto possibile perche noi Rom possiamo ricevere il dono immenso dell'amore di Dio attraverso il Pelé, vero Rom e vero cristiano. Per noi il Pelé è la prova che dio vuole correggere i nostri infiniti peccati donandoci un santo". Fu esaudita presto.
  • beatificazione


Di Cefino non ci rimane
che un documento sgualcito
e il suo rosario
A Roma il 4 maggio 1997, alla presenza di migliaia di zingari, Giovanni Paolo II lo proclama beato. Nell’omelia il papa dice: «Il beato Ceferino seppe seminare concordia e solidarietà fra i suoi, mediando anche nei conflitti che a volte nascono fra “payos” e zingari, dimostrando che la carità di Cristo non conosce limiti di razza e di cultura».
Con lui è stato beatificato anche il vescovo Florentino, fucilato dallo stesso plotone di esecuzione. Di Ceferino non è rimasto niente se non lo sgualcito certificato di battesimo, che portava sempre con sé, e il rosario, segni concreti per confermare che si può essere zingari e santi secondo il monito dell’apostolo Paolo che ogni uomo si converta e viva, rimanendo nella sua cultura e tradizione.

Web
Per saperne di più e rimanere aggiornati: Ufficio per la Pastorale dei Rom e dei Sinti

  • culto
Messa Flamenca
In Italia, a lui è dedicata, a Roma, una chiesa all'aperto presso il Santuario della Madonna del Divino Amore detta "Santuario degli Zingari".

PDF - Il proto Santuario degli Zingari a Roma,

1861-1917 - ROMA : ANNIVERSARIO DEI 150 DALLA NASCITA
L’11-12 giugno, a 150 anni dalla nascita del beato Zefirino Jimenez (1861-1936), una rappresentanza di rom italiani ed europei è in visita a Roma. L’11 giugno, alle 12, Papa Francesco ha incontrato i rom, i sinti e i caminanti in Vaticano, in rappresentanza dei 170.000 rom italiani. Il 12 giugno, al Santuario del Divino Amore, S. E. Mons. Pietro Santoro, vescovo di Avezzano, ha presieduto il pellegrinaggio dei rom italiani. La S. Messa, alle ore 11, è stata ripresa in diretta su RAI1.

  • biografia



Martire della guerra civile spagnola "el Pelé", gitano catalano cattolico, alla morte della moglie divenne membro del Terz'Ordine francescano.
Fu un uomo giusto perché aveva voluto testimoniare la sua fede: morì assassinato dai miliziani recitando il Rosario e gridando "Viva Cristo Re".


Il 4 maggio1997 Giovanni Paolo II proclamò il primo beato del popolo zingaro: cefirino Giménez Malla, soprannominato in Spagna "el Pelé. Quel giorno fu una grande festa per le comunità zingare che da tempo chiedevano al Papa di avere un santo cui rivolgere le loro preghiere. Confluirono in piazza San Pietro dove alla testa con i doni tradizionali vi erano due zingari che suonavano un'antica melodia con la chitarra e il violino. 
Ceferino Giménez Malla era nato nel 1861 a Benvanet de Sangìa, in Catalogna, da una famiglia di gitani nomadi, appartenenti al kalòs, formalmente di religione cattolica. Si spostavano continuamente attraverso la Catalogna e l'Aragona per i loro piccoli commerci, affittando soltanto nei mesi invernali qualche casolare alla periferia delle cittadine.
Fu battezzato  educato sommariamente nella religione cattolica, ma non venne mandato a scuola sicché restò analfabeta per tutta la vita. In compenso gli insegnarono a intrecciare e vendere canestri, mestiere che non sempre assicurava un reddito sufficiente per mantenersi.
A diciotto-diciannove anni si sposò con una graziosa gitana, Teresa Giménez Castro. Ma non fu, il loro, un matrimonio regolare in chiesa. Fra gli zingari si usava celebrare un proprio rito. Soltanto poche coppie, dopo molti anni di convivenza, regolarizzavano la loro posizione con il matrimonio davanti ad n sacerdote.
Nonostante il nuovo impegno matrimoniale, Ceferino si prendeva cura del resto della famiglia, tre sorelle e un fratello più giovane di lui, abbandonati dal padre che era andato a convivere con un'altra donna. A poco a poco rinunciò alla vita nomade per stabilirsi definitivamente a Narbastro, una cittadina nei pressi dei Pirenei, in una modesta casetta con una grande stalla perché era diventato uno stimato commerciante di cavalli, muli ed asini che acquistava e rivendeva girando per le fiere della zona.
Non avendo avuto figli, adottò una bimba, Pepita, che volle educare come una signorina di buona famiglia, mandandola in un collegio di suore. Grazie al regolare e continuo contatto con quelle religiose si convinse a celebrare il matrimonio in chiesa; ma per evitare pettegolezzi si volle sposare con Tersa in una cittadina lontana. Così finalmente poté confessarsi e comunicarsi regolarmente, imboccando quella via che lo avrebbe condotto alla santità.
Un giorno incontrò per strada un malato di tubercolosi, che era stato colpito da un violento sbocco di sangue,. Non esitò a prenderlo tra le sue forti braccia e a riportarlo a casa: era l'ex sindaco della cittadina, che apparteneva ad una ricca famiglia. Quell'atto di generosità fece si che don Simòn, il fratello del malato, cominciasse a nutrire un profondo affetto per lui e cominciasse ad aiutarlo economicamente.
Un giorno il governo francese aveva messo a buon mercato i muli superstiti della Prima guerra mondiale. Ma ci voleva un piccolo capitale iniziale per acquistarne un certo numero. Don Simòn bon esitò a prestare a Ceferino una notevole somma perché potesse acquistare addirittura un intero vagone di animali. Quell'affare permise al gitano di vendere bene i muli in Spagna. Grazie al ricavato non solo poté ingrandire ed abbellire la vecchia casa, ma anche ad acquistare ottimi cavalli. Così divenne in poco tempo un ricco ed apprezzato commerciante, noto in tutta la provincia per l'abilità e l'onestà.
Nel frattempo aveva stretto un inconsueta amicizia con un avvocato e professore universitario, Nicolàs Santos de Otto che di salute cagionevole, lo aveva scelto come accompagnatore e uomo tuttofare. Lo portava con sé perfino a manifestazioni di particolare rilevanza religiosa o politica: sicché l'analfabeta Ceferino divenne a Barbastro unapersona stimata persino dall'alta borghesia. I Kalos lo consideravano ormai un capo carismatico al quale si chiedeva spesso di rbitrare i litigi.
Ceferino maturava in bontà e religiosità, tant'è vero che ormai aveva anche l'abitudine di assistere alla messa, di comunicarsi e recitare il rosario quotidianamente. Nutriva una particolare predilezione per i bambini che chiama "gli ossicini di Dio": insegnava loro qualche preghiera e un po' di catechismo ma sapeva anche divertirli giocando e raccontando storie e favole che i bimbi ascoltavano incantati dalla voce di quel gigante dal volto generoso e aperto.
Nel 1922 gli morì improvvisamente la moglie. Rimasto solo con la figlia adottiva che aveva già sedici anni, per evitare chiacchiere a malignità preferì separarsi da lei affrettandone il matrimonio e lasciando la casa ai novelli sposi.

TERZIARIO FRANCESCANO


Quando nel 1926 i Cappuccini lo invitarono nel nuovo Terz'Ordine francescano, s'iscrisse con entusiasmo: fu eletto, lui analfabeta, tra i dieci membri del consiglio mentre nelle processioni fungeva da porta stendardo.
Gli affari però non andavano bene perché Ceferino si occupava poco del suo commercio e inoltre spendeva senza controllo quel che aveva per aiutare i poveri; sicché egli stesso si trovò presto in condizioni difficili. Fortunatamente l'amico Nicolàs Santos de Otto lo prese in casa trattandolo come un familiare tant'è vero che gli riservava un posto a tavola, diversamente dal resto della servitù.

LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA

Ma quella situazione non era destinata a durare a lungo in un Paese che, già diviso politicamente, venne sconvolto dalla Guerra Civile del 1936: nell'estate di quell'anno la città di Barbastro cadde sotto il controllo dei comunisti e degli anarchici rossi più faziosi e violenti, Il 18 luglio venne arrestato un sacerdote; due giorni dopo furono chiuse tutte le chiese e cappelle mentre si proibiva ogni funzione religiosa. Cominciò anche un'opera di sfregio e di demolizione che non era giustificata dalla guerra civile ma denotava una profonda avversione ideologica per il cattolicesimo: ci si accaniva contro chiesa, crocifissi, immagini della Madonna, statue, arredi e pesino capolavori artistici. Scempi che si verificarono daltronte in tutta la Spagna occupata dei "rossi".
La diocesi aveva allora 140 sacerdoti. In venti mesi vennero uccisi il Vescovo, 114 sacerdoti, cinque seminaristi, 51 missionari Claretiani diciotto monaci Benedettini, otto padri Scolopi e 58 laici cattolici: un massacro.
!l 25 luglio, quando la carneficina era ancora agli inizi, Ceferino che stava passando per una via cittadina vide un prete maltrattato da cinque miliziani. "Tanti uomini contro uno solo, e per di più innocente!" esclamò sdegnato accorrendo generosamente in sua difesa.
Fu immediatamente arrestato e incarcerato insieme ad altri 350 detenuti. Quando uno dei capi anarchici di Barbastro, che era membro del Comitato Rivoluzionario e lo stimava molto conoscendone la probità e la generosità, venne a sapere del suo arresto, si precipitò in prigione per cercare di salvarlo. Gli consigliò di celare la sua condizione di cattolico osservante facendo sparire anche la corona del Rosario che teneva fra le mani. Anche la figlia Pepita lo scongiurò di nascondere la corona rinunciando prudentemente a testimoniare la sua fede. Ma Ceferino, incurante del pericolo, continuava a pregare di fronte a tutti: non poteva tradire Cristo in una prova così importante.

LA VIA DEL MARTIRIO

La notte del 9 agosto i miliziani si divertirono a torturare il vescovo Florentino Asenzio Barroso, anche lui imprigionato, giungendo fino al punto di evirarlo per sfregio; poi decisero di fucilarlo con altri dodici prigionieri fra cui l'irriducibile gigante gitano.
Il vescovo e il gitano percossero insieme la strada del martirio. Uno degli aguzzini, dopo aver torturato il primo atrocemente, lo accompagnava alla morte dicendogli: "Non avere paura. Se è vero quel che predichi andrai presto in cielo!". E il vescovo rispondeva: "Si, e lassù pregherò per te". Sul camion che lo portava con altri condannati verso la morte esclamò: "Che bel giorno per me!". Gli aguzzini, stupiti da quelle parole, gli domandavano sghignazzando: "Ma sai dove ti portiamo?". "Mi portate alla casa del mio Dio, mi portate in cielo!". Ceferino, che assisteva alla scena, continuava a recitare in silenzio il Rosario.


Quando li fucilarono nel cimitero, gridarono tutti insieme: "Viva Cristo RE!". Poi gli aguzzini spogliarono quei poveri corpi anche degli abiti.
Dopo la Guerra civile venne arrestato colui che aveva dato al gitano il colpo di grazia: durante il processo quell'infame sostenne che Ceferino era stato ucciso perché uno zingaro ladro di cavalli. Ma a Barbastro nessuno credette a quelle parole ingiuriose perché tutti sapevano bene che el Pelé era stato un uomo giusto, ucciso perché aveva voluto testimoniare la sua fede. E mantennero desta la sua memoria.

Molti anni dopo, quando era papa Giovanni Paolo II, una ragazza zingare di un campo nomadi della Lombardia gli scriveva: "Come saprai, il mio popolo non ha un santo zingaro a cui rivolgere le preghiere. Ti chiedo allora di santificare il Pelé il più presto possibile perché noi Rom possiamo ricevere il dono immenso dell'amore di Dio attraverso il Pelé, vero Rom e vero cristiano. Per noi il Pelé è la prova che dio vuole correggere i nostri infiniti peccati donandoci un santo". Fu esaudita presto.
La festa di Ceferino Gimenez Malla cade il 9 agosto. La nipote, ricordandolo dopo la morte disse: "Tutto quello che faceva lo zio Pelé lo faceva con amore; diffondeva amare dappertutto".(1)

AlfredoCattabiani

  • video




Versione italiana della storia di "Ceferino Giménez Malla" (Zeffirino)
detto "El Pelè" (1861-1936). Zingaro spagnolo e martire della Chiesa Cattolica.

Materiale video raccolto e proposto da:
http://www.mondonomadi.it/



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    preghiera




Oh Dios, que has concedido
al beato gitano Ceferino
confesar su fe cristiana
hasta derramar la sangre por Cristo:
suscita en la Iglesia,
congregada entre todos los pueblos,
testigos valientes de la verdad evangélica
que entreguen su vida al servicio de los hermanos.
Por nuestro Señor Jesucristo.

Amen

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Fonte:
Santi del 900. I grandi testimoni della fede del nostro tempo, Rizzoli, Milano, 2005.